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Testo unico sicurezza: Damiano non chiude la porta a modifiche

In attesa del via libera al Senato, non si placano le polemiche sul Testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Le resistenze del mondo delle imprese, dopo l’ok di ieri delle commissioni Lavoro e Bilancio di Montecitorio, continuano a tenere banco. Tanto che oggi il ministro del Lavoro Cesare Damiano ha aperto uno spiraglio a eventuali cambiamenti. “Quello che mi interessa è che si arrivi alla conclusione – ha sottolineato Damiano –. Non avrei nessuna difficoltà a condividere eventuali modifiche se sono il risultato di un lavoro parlamentare. Conta solo il risultato”. Si tratta di un’apertura significativa, dato che ieri proprio il sottosegretario al suo ministero Antonio Montagnino aveva accolto solamente una delle due indicazioni contenute nel parere delle commissioni alla Camera. Ovvero: sì alla proposta di dare minimo sei/nove mesi di tempo alle imprese per compiere i “nuovi adempimenti” previsti dal Testo unico, ma nessuna possibilità di ristabilire l’apparato sanzionatorio previsto dalla legge 626. Cioè sanzioni più basse e meno repressive di quelle contenute nella legge delega 123.
Probabilmente, sull’apertura del ministro del Lavoro Cesare Damiano ha pesato l’ennesima bocciatura di Confindustria, che ieri è arrivata puntuale subito dopo l’ok al decreto da parte delle commissioni di Montecitorio. Sulla sicurezza sul lavoro, ha dichiarato infatti il direttore generale di viale dell’Astronomia Maurizio Beretta, “è stata intrapresa la strada sbagliata” poiché il provvedimento è “tutto esclusivamente focalizzato su un generico, spesso sproporzionato e confuso inasprimento delle sanzioni” e “non darà alcun risultato positivo”. Parlando a nome anche di altre associazioni d’impresa Beretta ha dunque espresso “forte insoddisfazione” per un decreto in cui “manca la cultura della formazione, ci sono sanzioni eccessive e non si stanzia alcuna risorsa finanziaria”. Inoltre, ha aggiunto il direttore generale di Confindustria, “l’approccio è profondamente sbagliato. Ogni anno le imprese versano all’Inail premi cospicui pari a 9 miliardi, con un avanzo di 1,5 miliardi l’anno. Abbiamo chiesto che almeno una parte di queste risorse fossero utilizzate per piani attivi. Ma c’è stato pervicacemente risposto di no”. Così, ha concluso Beretta, “a fronte di una politica sanzionatoria molto discutibile, non si fa nulla per una politica attiva. È come inasprire le multe per divieto di sosta e non fare nessun parcheggio. Se si vogliono ottenere risultati concreti e importanti, si possono anche prevedere sanzioni ma servono politiche attive incentivate e favorite. Tutto questo manca e il provvedimento rischia di essere un editto che non aiuterà a ottenere risultati”.




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