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Sicurezza 626, non basta avere le carte in regola

Il rischio di morire di lavoro è sempre dietro l’angolo, anche in una azienda che rispetta tutte le procedure di sicurezza. Il caso Colacem lo dimostra, l’azienda viene indicata dai sindacati come rispettosa di tutti gli adempimenti della sicurezza, eppure ieri pomeriggio un lavoratore di un’azienda esterna è stato travolto dal tetto che stava demolendo.
Una fatalità, forse un errore, di certo un campanello d’allarme. Sulla prevenzione, non bisogna mai mollare la presa, anche quando è tutto in regola.


E’ quanto emerge anche dalla ricerca sulle imprese artigiane realizzata dall’università dell’Insubria, su input della camera di Commercio.

Le aziende regolari sono la maggior parte: più del 50% delle imprese artigiane, dice l’indagine, distribuisce materiale informativo, ma è vera formazione? E’ quanto sottolineano i sindacati: formazione non è informazione, dice la stessa inchiesta, non basta cioè dare solo dei volantini sulle norme di sicurezza, per avere la certezza che tutti sappiamo come comportarsi in caso di pericolo.

«La legge 626 ha un nocciolo che a volte viene trascurato – dice Sergio Moia della Cisl – e cioè che la vera prevenzione è il coinvolgimento di una comunità che lavora, la consapevolezza di tutti che le regole vanno rispettate e fatte rispettare».
Un appello che non è solo rivolto agli imprenditori ma anche agli stessi operai. Le imprese artigiane varesine, secondo gli addetti ai lavori, «sono a un buon livello – sottolinea Renato Scapolan, vicepresidente della camera di commercio e a sua volta imprenditore di Confartigianato – vi assicuro che ho visto altre realtà molto più indietro». Per Gianni Mazzoleni della Cna l’obiettivo è comunque quello di progredire e colmare il vuoto di cultura sulla sicurezza. Piuttosto, dice Marco Molteni della Uil «andrebbe monitorato il settore pubblico dove spesso si hanno delle amare sorprese».

Ma il punto rimane uno: «Bisogna passare dal mero rispetto degli adempimenti formali alla sostanza – fa notare Ivana Brunato della Cgil –, la formazione va fatta prima durante e dopo l’assunzione, altrimenti è inutile fare i coccodrilli, e va supportata con apposite linee di finanziamento».

E’ la stessa Università dell’Insubria, che ha realizzato la ricerca su imprese artigiane e luoghi di lavoro, a sottolinearlo. Le cose vanno, da un lato, discretamente bene: l’adeguamento alla 626 non è completo ma in fase di avanzamento elevato. Dall’altro, c’è ancora molto da fare: «Emerge il dubbio che – dice l’Università – laddove esistano, le procedure di sicurezza restino “sulla carta”, senza che siano previsti interventi sistematici (nei metodi e nei tempi) per verificare la loro concreta applicazione e il loro aggiornamento».

...da varesenews.it




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